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Cultura
Home›Cultura›Yvonne Fabris, quando la pubblicità è arte

Yvonne Fabris, quando la pubblicità è arte

By Redazione
18 Aprile 2014
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“Si possono conoscere gli ideali di una nazione attraverso la sua pubblicità”. Norman Douglas, nel suo celebre romanzo “Vento del Sud” del 1917, descriveva così quello che è forse il settore che coinvolge la più vasta gamma di professionisti: dai sociologi agli economisti, dagli statisti ai grafici. E che riesce puntualmente a mettere tutti in disaccordo. E’ il mondo della pubblicità, quello che detta tendenze, acquisti, costumi e voglia di apparire, voglia di comunicare in un determinato modo gli avvenimenti che ci circondano. La pubblicità è immediata se fatta bene e d’impatto se colpisce, ovunque: per strada oppure sui cartelloni appesi in città. La pubblicità la fa la gente, essa è figlia della società ma chi la produce sono le agenzie di comunicazioni che oggi mettono online i loro contenuti e sono le agenzie pubblicitarie che raccolgano le esigenze della gente e li traducono in spot, video virali e grafica accattivante. Al Vomero, parlando di pubblicità, non si può non nominare Yvonne Fabris, che ci accoglie nel suo studio all’Arenella con un buon caffè e ci parla del lavoro del pubblicitario oggi.

Chi è Yvonne Fabris?

“L’amministratore unico e art director dello Studio Fabris Adv srl . Realizza interventi di carattere strategico e progetti di comunicazione per imprese e istituzioni”.

Spiega ai vomeresi che ancora non vi conoscono, cos’è lo Studio Fabris.

“Un’agenzia di pubblicità nata a Napoli nel 1972 per la creazione e gestione di campagne pubblicitarie. Quindi con più di 40 anni di esperienza, sia in campo nazionale che internazionale”.

Qualche anno fa, tra i tuoi lavori più importanti, ci fu la pubblicità – divenuta poi famosa – di una compagnia di navigazione napoletana che ritraeva il seno di una donna coperto da due mani. E poi?

“Vesuvio ed Etna, mai stati così vicini. Era questo lo slogan che “condiva” l’immagine che nel 2008 divenne un successo mediatico. E poi per coerenza si è scelto di continuare sullo stile ironico/metaforico continuando a prendere in giro i peggiori luoghi comuni dell’immaginario collettivo”.

Come nasce una pubblicità?

“Una pubblicità si propone di attivare nei confronti del suo fruitore  (target) quattro diversi step: attenzione, interesse, desiderio e azione. Il primo obiettivo di un messaggio pubblicitario è quello di catturare l’attenzione attraverso l’elaborazione di un messaggio accattivante. Nel secondo step  è compito della bodycopy suscitare l’interesse del consumatore, coinvolgerlo emotivamente (terzo step) e portarlo  al quarto step quello dell’acquisto”.

Quale l’elemento da privilegiare nei confronti del cliente in questo momento difficile del mercato?

“Consigliare il cliente ad essere presente sempre sul mercato attraverso la comunicazione.

Non comunicare significa tacere e tacere, nel modo globalizzato e interconnesso di oggi, equivale a non esistere.

L’assenza totale dalla scena commerciale è un danno assicurato, in quanto recuperare in seguito la clientela sarà ancora più difficile. In un contesto di difficoltà economica, invece, in cui molto probabilmente molti protagonisti riducono il loro investimento pubblicitario, molte aziende hanno un interesse maggiore a investire maggiormente per ottenere quote di mercato della concorrenza”.

Come convinceresti – in poche righe – un cliente a non fare a meno del tuo lavoro in un momento di crisi come quello attuale?

“Con un aforisma di Steve Jobs : Investire in pubblicità in tempo di crisi è come

costruirsi le ali mentre gli altri precipitano”.

Oggi esiste un percorso di formazione adeguato per i giovani che si avvicinano a questo lavoro?

“Ho sempre notato un solco profondo tra il mondo della formazione e quello del lavoro. Spesso mi sono sentita dire dai clienti che loro, quando assumono giovani laureati, devono mettere in conto che dovranno perdere almeno due o tre anni per formarli professionalmente. Quando ci si inserisce nel mondo del lavoro, un giovane deve sapere come funziona il lavoro di gruppo, come si gestiscono i rapporti interpersonali, come si arrivi a prendere una decisione, come vanno rispettate le scadenze, la capacità a prendere delle iniziative e nell’interpretare una realtà sempre in continua evoluzione”.

Cosa si potrebbe fare di più per formare nuove leve nelle scuole e nelle università?

“Importante è spiegare ai giovani come è organizzato il mondo della comunicazione nei vari ambiti professionali. Il termine stesso è molto generico e spesso lo si usa in maniera impropria. Basta leggere le brochures di diversi istituti di formazione per rendersene conto, ma anche i vari programmi universitari non fanno altro che aumentare la confusione. Continua ad esserci un gran pasticcio, tranne rare eccezioni. Si leggono piani di studio, delle varie facoltà, che molto spesso non sono finalizzati alle reali esigenze del mercato del lavoro, perché creati in base alle esperienze di docenti con la propria cultura ed esperienza spesso solo teorica. Altri istituti di formazione che confondono termini come “agenzia”  che applicano anche alla singola figura di grafico pubblicitario che opera in proprio oppure usano il termine designer, perché quello di grafico lo trovano obsoleto, contribuendo così a confondere le idee tra il mondo del design e quello della pubblicità”.

Come sarà nel futuro la tua professione?

“Spero che prima o poi tutte le aziende riconoscano la figura del pubblicitario, indispensabile

per la loro attività, come si usa per il commercialista o l’avvocato”.

Quale evoluzione vedi per il mercato in generale e per il mercato della pubblicità per i prossimi tre anni?

“Un contesto economico migliore, insieme a driver eccezionali come gli eventi (i mondiali di calcio in Brasile), assicurano uno sblocco dei budget di marketing per il 2014. A trarne i maggiori benefici saranno soprattutto la televisione e i mezzi digitali”.

Quale è, secondo te, il media del futuro?

“Il media del futuro è senza dubbio il web, e vi spiego perché: La pubblicità online, a parità di quantità di persone raggiunte, costa meno rispetto alla pubblicità condotta su altri media, in più è millimetricamente misurabile. Una campagna pubblicitaria online è flessibile, puoi scegliere il dove, il come, il quanto, il quando e puoi cambiare tutti questi parametri in corso d’opera. Puoi mirare la tua attività solo in Italia o anche all’estero, puoi indirizzarla verso un paese specifico, puoi scegliere gli orari e i giorni in cui farla comparire. Bisogna aggiungere però che non è sempre il mezzo adeguato per tutti i targets, soprattutto se ci rivolgiamo ad un pubblico che supera la mezza età”.

Come è iniziato l’anno dello Studio Fabris?

“Dovrei essere scaramantica e non rivelare che abbiamo incominciato con un bel +. Ma lo dico perché davvero si respira aria di ripresa dalle aziende che curiamo. Certo, aziende per lo più orientate al mercato estero, ma pare che qualcosa incominci a muoversi anche qui”.

Da vomerese, cosa miglioreresti del tuo quartiere?

“Il Vomero non è solo un centro commerciale all’aperto, ma è anche

un quartiere di alto valore artistico. Vengono svolte tante attività a sostegno del commercio, ma quante a favore della cultura? Al Vomero non c’è solo Castel Sant’Elmo e il Museo di San Martino, quanti conoscono la “Piccola Pompei” cioè la Chiesa di San Gennariello al Vomero o il  Museo nazionale della ceramica Duca di Martina?. Tradotto: meno notti bianche e più promozione per i monumenti vomeresi!”.

Regalaci uno spot per Vomero Magazine. 

“Con Vomero Magazine: da collina dei broccoli… a quella di City”.

di Alessandro Migliaccio

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