Siamo sempre uomini oppure siamo pure caporali
Siamo uomini o caporali? La domanda appartiene al grande Antonio De Curtis, in arte Totò, che in un suo celebre film raccontava come esistessero due categorie di individui: quelli che fanno i soprusi e quelli che li subiscono. Sempre a Totò si deve la famosa scena al bar con Peppino De Filippo, dove il Principe della risata spiega a quest’ultimo il meccanismo d’azione collaudato messo in atto dai prepotenti, quelli che lui stesso definisce “i ragionieri Casoria”.
Dialoghi che sembrano molto attuali ancora oggi giorno, laddove in ogni fase della vita, purtroppo, ci si imbatte in coloro che cercano di fregarci, di saltare la fila, nei prepotenti, insomma, i “caporali” o se volete “i ragionieri Casoria”.
Il problema, però, è che il confine tra questi prepotenti e coloro che, invece, si comportano bene rispettando le norme di convivenza civile e rispettando, quindi, il prossimo, è molto sottile. Si potrebbe fare una netta distinzione tra prepotenti e vittime solo nel momento in cui le vittime non si comportassero mai (e sottolineo mai) come prepotenti. Altrimenti, sarebbe come dire che ognuno di noi assume ruoli diversi a seconda dell’occasione. Faccio un esempio. Un dipendente di un ufficio pubblico che porta a casa lo stipendio e lavora per mantenere la propria famiglia, subisce, in alcune situazioni lavorative, o in ambiti vari della propria vita, tutta una serie di soprusi, di ingiustizie e di prepotenze. Per esempio, non riceve il meritato avanzo di carriera mentre al suo posto viene promosso qualcuno che lo meritava certamente di meno. Però, in altre occasioni, magari quando davanti alla sua scrivania o al suo sportello c’è un cittadino, si comporta come “caporale” anche semplicemente non prestando l’attenzione dovuta alle sue esigenze. Ciò che voglio dire è che bisogna capire che ognuno di noi ha un ruolo attivo affinché le cose vadano meglio per noi e per la nostra città.
Non si può essere “uomini” o “caporali” a seconda della situazione che si vive. Non si può pretendere il cambiamento della nostra società e uno scatto di civiltà nella nostra città se non siamo noi i primi fautori del cambiamento della società e di esempi di civiltà in ogni azione quotidiana. E poi, ricordiamoci sempre che, per quanti titoli possiamo avere, siamo tutti uguali. ‘Nu rre, ‘nu maggistrato, ‘nu grand’ommo, trasenno stu canciello ha fatt’o punto c’ha perzo tutto, ‘a vita e pure ‘o nomme: tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?”. ‘A livella, Totò: che grande maestro di vita.
Alessandro Migliaccio
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