Castel Sant’Elmo
La fortezza che domina il Vomero
Castel Sant’Elmo, una fortezza angioina sul punto più alto della collina del Vomero, uno dei simboli della città di Napoli, uno dei più noti nella memoria di tutto il mondo.Per la sua posizione prestigiosa, che si apre sulla grandiosa visione del golfo di Napoli, regala ai visitatori una cartolina a 360° della nostra città e dei suoi dintorni… Uno straordinario esempio di architettura, unico per l’imponenza della sua struttura a forma stellare a sei punte, per le sue alte mura, per il suo intricato sistema di galleria difensive, con fossati, ponti levatoi e merli. Un castello che ha sfidato il tempo e la storia, ma pervenuto sempre vittorioso ed intatto nella sua imponente mole. Un luogo che, a dire di molti, incute timore anche per le storie di fantasmi e leggende che si tramandano, come quella di un fantasma vestito di bianco che entra ed esce dalle mura del castello, spaventando i passanti, o di urla agghiaccianti che alcuni ipotizzano di sentire nei sotterranei di notte. Un tempo era una fortezza, poi è diventato carcere militare, ed oggi un museo, sede di iniziative espositive e di manifestazioni culturali. Ma Castel Sant’Elmo è, innanzitutto, il luogo della memoria storica della rivoluzione napoletana del 1799. Un luogo di lotta e di conquista, dove molti patrioti repubblicani, uomini e donne, dopo aver ingaggiato una sanguinosa lotta contro i lazzari, il 23 gennaio del 1799, proclamarono la Repubblica Napoletana, una e indivisibile, e innalzarono, sulla vetta più alta del castello, la bandiera Repubblicana, gialla, rossa e turchina.
Proprio in quel giorno memorabile i Repubblicani assistettero da Castel Sant’Elmo allo straordinario spettacolo dell’eruzione del Vesuvio. Una fiamma lucentissima illuminò il cielo per molti chilometri, tanto da far dire ai repubblicani: “Il cielo e la terra applaudono alla nostra libertà e alla Repubblica”, e ai lazzari: “Pure ‘o Vesuvio si è fatto giacobino”.
Il giorno seguente, nello spazio interno al Castel Sant’Elmo, al grido di “Viva la Repubblica”, fu piantato il primo albero della libertà e intorno ad esso fu cantato il primo inno della Repubblica Napoletana, composto dalla patriota e martire Eleonora De Fonseca Pimentel, ma del quale non ci sono pervenuti i versi. L’albero della libertà, simbolo della riscossa e della distruzione dei privilegi nobiliari ed ecclesiastici, era emblema del nuovo ordine sociale e politico. Intorno ad esso si infiammarono i cuori di tanti repubblicani, che in nome della libertà abbracciarono la croce del martirio. Sei mesi durò il sogno della Repubblica napoletana, a lungo vagheggiata, nata con il sangue ardente di quei napoletani, eccelsi di cuore e di intelletto, intenzionati, a costo della propria vita, a dare al popolo oppresso un civile progresso e una nuova cultura che aveva nome Repubblica.
La memoria di quei giorni indimenticabili è impressa in ogni piega e anfratto di Castel Sant’Elmo, che ha visto nascere e morire il sogno della Repubblica Napoletana; Baluardo della Guardia Nazionale Repubblicana, espugnato dai Sanfedisti, il castello fu luogo di detenzione di quegli stessi protagonisti che si erano fatti interpreti degli ideali di libertà, di fraternità e di uguaglianza. Castel Sant’Elmo è dunque il simbolo della libertà, è la memoria storica di quei grandi martiri che, con l’ingegno, con il valore e con il sangue, furono i pionieri del libero pensiero e delle libere istituzioni.
Essi appartengono alla schiera di quegli eroi che non furono fortunati nell’attuazione delle loro idee perché la loro non comune virtù era di gran lunga
superiore ai tempi in cui vissero. Era quella l’alba foriera del risorgimento, l’alba delle idee di modernità sulle quali si fondarono le speranze di un vero e proprio rinnovamento sociale e politico dell’Italia. E tu, Castel Sant’Elmo, che ti ergi superbo nella tua imponente mole, stai lì a ricordarci di onorare la memoria di questi gloriosi figli di Napoli che tanto hanno profuso per il trionfo della libertà e della Repubblica.
Alla scuola il compito di ancorare i giovani alla nostra storia locale, per porla al riparo dall’oblio contro la minaccia della globalizzazione, per rinvigorire i valori della nostra cultura locale, delle nostre tradizioni e della nostra libertà.
Ersilia Di Palo
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