Il Vomero e le Quattro Giornate “Ecco la verità”
È da poco trascorso il 25 aprile mentre ci apprestiamo a celebrare la festa della Repubblica, di cui il 2 giugno ricorre quest’anno il settantesimo anniversario. Due date fondamentali nel cammino verso la riconquista della libertà e della costruzione dello Stato democratico in Italia. Ma attraverso quali eventi si arrivò a questi momenti decisivi per la storia del nostro Paese? E, soprattutto, chi combatté per la libertà in quei giorni drammatici e concitati che portarono alla fine del secondo conflitto mondiale? Dal 27 al 30 settembre del 1943, in particolare,a Napoli si svolsero le Quattro giornate di insurrezione popolare, che valsero alla città il conferimento della medaglia d’oro al valor militare. Antonio Amoretti, presidente del Comitato provinciale di Napoli dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani), e Silio Aedo Violante, presidente onorario dello stesso Comitato, sono due testimoni di quei giorni in cui i napoletani si opposero strenuamente alle forze armate tedesche consentendo, il primo ottobre del 1943, l’ingresso degli Alleati in una città ormai liberata. Nel 2013, proprio per i meriti acquisiti durante le Quattro Giornate, entrambi sono stati insigniti, da Giorgio Napolitano, del titolo di Commendatori al Merito della Repubblica. Li incontriamo in un assolato pomeriggio di aprile per ripercorrere, con loro, i momenti salienti delle Quattro Giornate, che proprio al Vomero videro i primi episodi di rivolta. “Le Quattro giornate – ricorda Amoretti – non sono state solo un movimento spontaneo. I gruppi antifascisti organizzati pilotarono le insurrezioni e fecero da raccordo tra i diversi nuclei di insorti in città. Già dalla sera precedente al 28 settembre, infatti, tutti noi eravamo al corrente che il giorno dopo avremmo dovuto insorgere”. I ricordi di quelle ore drammatiche e concitate sono, ancora oggi, fervidi e nitidi nella mente dei due protagonisti. I primi moti insurrezionali al Pagliarone( nella zona dell’attuale Via Belvedere) al Vomero¬ – dove nel frattempo il professor Antonio Tarsia in Curia assume il comando degli insorti al Liceo Sannazzaro – le colonne tedesche che attraversano via Santa Teresa e arrivano fino in piazza Trieste e Trento dove vengono fermate dal coraggio del capitano Stefano Fadda, l’audacia di Francesco Pintore che in via Cimarosa sottrae una mitragliatrice ai tedeschi avendo la meglio sugli stessi. Tanti sono, d’altronde, i gesti di eroismo che segnano quelle giornate e che in taluni casi sfociano nel sacrificio personale “Già l’undici settembre – ricorda ancora Amoretti – 14 Carabinieri, posti a difesa del palazzo dei telefoni in via Depretis, erano stati imprigionati e poi trucidati dai tedeschi. Durante le Quattro giornate non si può certo dimenticare il sacrificio del giovane Adolfo Pansini che fu barbaramente ucciso alla Masseria Pezzalonga dove, con gli altri insorti, aveva attaccato un zona presidiata dai tedeschi”. In quei giorni il colonnelo Scholl, a capo delle forze occupanti presenti a Napoli, stabilisce che, per ogni soldato tedesco ucciso, vengano uccisi tutti gli uomini nella cerchia di duecento metri. Decreta, inoltre, la chiamata al servizio di lavoro obbligatorio per tutti i maschi compresi tra i diciotto e i trentatré anni, stabilendo che gli inadempienti vengano condannati alla fucilazione “All’epoca delle Quattro giornate – racconta il professor Violante – avevo diciotto anni e fui tra coloro che non risposero alla chiamata al lavoro forzato. Così, per sfuggire alle rappresaglie tedesche, fu consigliato ai miei genitori di farmi ricoverare nella sede municipale di via Solimena, dove era stato istituito un piccolo ambulatorio”. In quella sede Violante trova altri sedici ragazzi che avevano avuto la stessa idea per sfuggire ai tedeschi. Così, su segnalazione dei vigili urbani, tutti i giovani vengono portati presso il commissariato di zona, ubicato in via Luca Giordano. “Venimmo chiusi in camera di sicurezza – continua Violante – dove fummo letteralmente aggrediti dalle cimici. Dopo diversi giorni, nell’impossibilità di consegnarci ai tedeschi, il commissario si convinse a liberarci a due alla volta”. Aedo Silio Violante è finalmente libero e può tornare nella casa paterna in via Tino di Camaino. Nelle ore successive, insieme a Rosalia Ruggi D’Aragona ( che in seguito sarebbe diventata sua moglie), si unisce agli insorti e con loro lotta per la liberazione della città, finché il primo ottobre del 1943 i primi carri armati alleati entrano a Napoli “Le Quattro giornate – conclude Amoretti – hanno dimostrato che un popolo, se veramente unito, può sconfiggere anche un esercito forte, come era quello tedesco. I moti sono stati, inoltre, un esempio di lotta interclassista(vi parteciparono contadini, operai, intellettuali) e hanno avuto il grande merito di evitare la deportazione della comunità ebraica”.
GIUSEPPE FARESE
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