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Cultura
Home›Cultura›Opere architettoniche di Napoli: la galleria borbonica

Opere architettoniche di Napoli: la galleria borbonica

By Redazione
15 Dicembre 2016
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La Galleria Borbonica è una  straordinaria opera  ottocentesca, espressione e vanto dell’ingegneria civile borbonica. Dopo quasi un secolo e mezzo di abbandono, nel 2005  è ritornata alla luce, grazie alla scoperta e all’impegno  dei geologi  Gianluca Minin, Presidente dell’Associazione Borbonica Sotterranea, ed Enzo De Luzio, i quali,  con ostinazione, hanno creduto in un progetto di recupero della galleria, inizialmente impossibile.  Gianluca Minin, direttore tecnico della Ingeo S.r.l,   lavorando in attività di  verifiche statiche e  di messa in sicurezza delle cavità presenti nel sottosuolo di Napoli, durante alcuni rilievi, scendendo  da un pozzo, si è trovato  nella Galleria Borbonica, invasa da tonnellate di  rifiuti e detriti, che toccavano anche i 10 metri di altezza,  sversati  abusivamente negli ultimi 30 anni. Avendo ottenuto  dal Demanio di Stato la concessione del sottosuolo, ha dato inizio, ad  una grandiosa opera di bonifica,   di   pulitura e restauro della Galleria, restituendo così  a Napoli una delle meraviglie del mondo. La Galleria,  voluta da Ferdinando II di Borbone, rientrava nell’ambito delle opere pubbliche, tuttavia il suo vero fine era militare. Ferdinando II di Borbone, reduce dal pericolo dei moti rivoluzionari del 1848, il 19 febbraio del 1853  incaricò l’architetto Enrico Alvino di progettare  un percorso strategico- militare rapido,   in difesa della Reggia, una sicura  via di fuga per i sovrani, che, attraversando il Monte Echia, congiungesse Palazzo Reale con Piazza Vittoria. Il progetto  dell’architetto Enrico Alvino  prevedeva due gallerie per gli opposti sensi di marcia,  in realtà il secondo senso di percorrenza, arrivò sotto piazza Carolina, alle spalle di piazza Plebiscito,  ma non raggiunse mai il Palazzo Reale. I lavori, realizzati totalmente a mano, con picconi, martelli e cunei e con l’ausilio di illuminazione fornita da torce e candele, dopo  tre anni, nel maggio del 1855, si interruppero  per motivi economici ma anche per l’avvicinarsi di quegli avvenimenti politici che destabilizzarono il Regno delle Due Sicilie e   che portarono in seguito  all’Unità d’Italia. La Galleria, dimenticata per quasi un secolo, fu riscoperta per essere adoperata come rifugio dai napoletani   durante i bombardamenti  della seconda guerra mondiale, tra il 1939 e il 1945.  Nel ricovero antiaereo trovarono dimora  anche molti napoletani che avevano avuto le case distrutte   dai 200 bombardamenti che colpirono Napoli. In tale occasione, per consentire un accesso sicuro alle persone, nel punto in cui erano terminati i lavori dell’architetto Alvino, fu fatta una scala a chiocciola, che permetteva  l’accesso alla Galleria da Piazza Carolina. Gli ambienti limitrofi  furono dotati  di impianto elettrico e di servizi igienici, di  brande per dormire e attrezzature per cucinare. A testimoniare quel triste periodo bellico, sono ancora in bella vista le   scritte sui muri,  auto e  moto dell’epoca, una serie di reperti di vita quotidiana  utilizzati dai rifugiati, e  sei statue fasciste, tra le quali l’intero monumento funebre del fondatore del partito fascista  napoletano, Aurelio Padovano. Mai Ferdinando II avrebbe immaginato che quel percorso sotterraneo avrebbe salvato la vita a migliaia di napoletani, compreso il nostro ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Tonino Persico, un farmacista, all’epoca un ragazzo, attualmente un simpatico novantenne, amico di Giorgio Napolitano, con l’aiuto degli speleologi, ha ritrovato in un andito, dimenticato per anni, la sua scritta ancora impressa  sul muro :”Noi vivi”. Nell’immediato dopo guerra, fino al 1970,  la galleria  fu utilizzata come Deposito Giudiziale Comunale, luogo per immagazzinare auto e moto sequestrate, in quanto rubate o truccate, e tutto quanto veniva recuperato da sfratti e sequestri. Nel 2010, dopo cinque anni di ininterrotti lavori ad opera di  Gianluca Minin ed Enzo De Fazio e del suo gruppo di straordinari seguaci, la Galleria borbonica ha aperto i battenti ai visitatori di tutto il mondo. I lavori di bonifica e restauro di nuove cavità e vecchie cisterne continuano senza sosta, per offrire ai visitatori   nuovi percorsi e per garantire sicurezza. Oggi è possibile  intraprendere, sotto il livello stradale, con una profondità di 15 metri,  uno straordinario viaggio nel ventre di  Napoli,  forse il più affascinante  e suggestivo della Napoli sotterranea.. Un viaggio magico, emozionante, dove si intrecciano diversi momenti della storia della città. Un’avventura da provare, che  consente di ammirare pregevoli cisterne del ‘500 e del ‘600,  di navigare su una zattera all’interno di una galleria della metropolitana abbandonata ed invasa dall’acqua; di addentrarsi  nelle cave e nelle cisterne del Palazzo Serra di Cassano; di visitare  i settori del ricovero bellico   dove ancora riecheggiano le voci, i suoni, le storie di coloro che hanno animato e segnato quei luoghi, dove si rimane profondamente colpiti nel vedere le scale di accesso a vecchie cisterne consumate dalle migliaia e migliaia di piedi che correvano impauriti durante i bombardamenti tedeschi, dove commuove la storia  dei pozzari che si calavano da pareti verticali, anche di qualche decina di metri, rischiando la vita ogni volta, per assicurare acqua pulita ai napoletani. La Galleria borbonica,  patrimonio sottratto al degrado, è  il luogo della memoria storica della nostra città, una testimonianza   di civiltà e di cultura di inestimabile valore, un tesoro assolutamente da difendere. Oggi è al secondo posto, dopo la Cappella di San Severo, tra i luoghi più visitati di Napoli. Un risultato straordinario se si pensa che prima del 2010 era un luogo inaccessibile.

Ersilia Di Palo

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