TEOFILO PATINI, CELEBRATO PITTORE DEGLI UMILI IN TERRA D’ABRUZZO
L’opera e la figura di Teofilo Patini Napoli le ricorda con l’in una strada di collegamento con via Simone Martini. Il pittore era nato a Castel di Sangro nel 1840, da una famiglia della buona borghesia. Il padre, notaio, avrebbe voluto che il figlio diventasse un professionista. E il giovane, per obbedire al desiderio del padre, si iscrive all’Università di Napoli, a filosofia. Ma l’abbandona dopo pochi mesi, scegliendo di frequentare l’Istituto di Belle Arti per dedicarsi alla pittura, la sua vocazione. Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Francesco Paolo Michetti saranno suoi Maestri ma anche amici, sempre prodighi di consigli e di suggerimenti. Sono anni che lo vedono vincitore di vari concorsi -anche nazionali-che gli consentiranno di compiere alcuni viaggi di studio a Firenze. Qui avrà modo di frequentare i Macchiaioli e a Roma lo studio di Michele Cammarano. Nel 1873 Patini ritorna a Castel di Sangro dove, dopo anni di convivenza, sposa Teresa Tambasco, sua ex modella dalla quale avrà sei figli. In questo periodo un notevole abbassamento della vista lo costringe a ridurre il lavoro. E questo lo porta a scoprire la gente del paese che vive in condizioni di miseria e di dolore, come tutta la gente di campagna dell’Italia appenninica. Si determina quindi una battuta d’arresto per i ritratti ispirati ai personaggi storici come “Edoardo VIII e i deputati di Calais” e “Arte e Libertà”. Nascono così le opere ispirate da un notevole impegno sociale allo scopo di richiamare l’attenzione delle Istituzioni sulle misere condizioni del popolo. Appartengono infatti al decennio 1880-1890 le opere più toccanti della sua pittura: L’erede, Vanga e latte, Bestie da soma. “L’erede” rappresenta con realistica efficacia il dramma della miseria ed è conservato alla Galleria d’arte moderna di Roma (una copia del quadro si trova alla Galleria dell’Accademia di Belle arti di Napoli). L’opera “Bestie da soma” rappresenta contadine stremate e abbrutite dal lavoro e richiama per alcuni aspetti le contadine di Michele Cammarano. Le modelle, raccoglitrici di legna ebbero una lira al giorno più il pranzo per un’intera stagione. “Vanga e latte” è invece a Roma al Ministero dell’Agricoltura e Foreste. La morte nel 1906 non gli consentì di affrescare l’Aula Magna dell’Università di Napoli per la quale aveva già presentato i bozzetti.
Sepolto nel cimitero di Napoli, nel settore dedicato agli artisti, i suoi concittadini hanno avanzato richiesta di traslare la salma a Castel di Sangro, sua città natale.
di Camilla Mazzella laureata in Studi storico-artistici
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