Mille voci e mille volti: Alighiero Noschese
Ricordo per i 40 anni dalla scomparsa del celebre imitatore
Alighiero Noschese fu un artista geniale. Per lui l’imitazione non era solo voce, ma camminata, mimica, costumi, pettinatura, tic. Nelle sue corde vocali scovava la parlata di tanti personaggi. E tra quelle voci ce ne era una che parlava napoletano. Non solo quando imitava partenopei (Sophia Loren, Eduardo, etc), ma anche quando parlava con la sua. Perché era nato a Napoli, il 25 novembre 1932, da una famiglia di San Giorgio a Cremano. Località cui fu legato per tutta la vita e oltre. Vi fu sepolto nel 1979. Proprio quest’anno, quindi, ricorrono i 40 anni dalla sua scomparsa dell’artista che da bambino abitava a via Palizzi e rivelò doti di imitatore. Frequentò la scuola di recitazione per bambini di Zietta Liù. Poi intraprese gli studi di Giurisprudenza. Si dice che sostenesse gli esami parlando come Amedeo Nazzari e Totò. Suo professore fu Giovanni Leone che, spiritosamente, volle ascoltare l’imitazione che gli faceva.
La passione per lo spettacolo lo spinse a Roma. “Ma papà rimase sempre molto legato a Napoli e al quartiere – ci ha detto la figlia Chiara, attrice e regista di successo – Mi portava a mangiare da Sica il fritto misto che adoravo. E anche per me il Vomero resta il quartiere del cuore, elegante, pulito, accogliente, le pasticcerie, il meraviglioso teatro Diana, quell’aria di piccola Svizzera, perché Napoli è anche questo”.
E proprio il direttore artistico del Diana, Lucio Mirra, ci ha raccontato: “Lo conobbi quando, organizzammo un varietà con artisti vomeresi: Carlo Giuffrè, Roberto Murolo, Tecla Scarano, Gloria Christian. Da allora ci siamo frequentati, era spensierato, allegro. La sua fine mi sorprese molto”. E aggiunge la figlia Chiara: “Era mite e gentile, molto riservato. Affettuoso e attento con tutti”.
Le sue imitazioni rasentavano la perfezione. “Ricordo un episodio divertente. – dice ancora Lucio Mirra – Quando nel 1964 lo ospitammo con “Scanzonatissimo” mentre era in platea truccato da Andreotti in attesa di salire sul palco una spettatrice gli sussurrò: “Scusi onorevole, ho un figlio disoccupato…”. Del resto, lo stesso politico raccontò che la madre lo aveva rimproverato perché lo aveva visto in tv ballare e cantare.
In un’epoca segnata dalla censura, gli fu permesso imitare i potenti. Anzi per loro era la consacrazione: Berlinguer, Cossiga, Fanfani, La Malfa, Pannella. E tra gli artisti Battisti, Bongiorno, Fellini, Gaber, Modugno, Paoli, Sordi. In tutto, come dichiarò una volta, 1.156 personaggi, comprese le caratterizzazioni (impiegati, dirigenti, preti).
Poi, inatteso, il declino. Loretta Goggi, raccontò, rivelando un certo disagio dell’attore, che le confidò: “Per gli altri, agli occhi della gente, chi siamo? Chi sono io? Alighiero o l’imitatore di…? Sento di non avere più una mia identità, sono tutti e nessuno…”.
Sul suo sito Mario Uberti (esperto di polifonia vocale) ha scritto: “Continuano a proporre volonterosi imitatori della sua arte di imitatore, ma tutti si fermano al giochetto dello scimmiottamento derisorio del personaggio del momento senza giungere, attraverso l’approfondimento psicologico del singolo, alla creazione di caratteri universali, di stampo goldoniano, come egli sapeva fare”.
Ai giovani, oggi, il suo nome è sconosciuto. A Napoli è stato fatto poco per ricordarlo mentre San Giorgio a Cremano gli ha dedicato una strada, un premio, un murales nella circumvesuviana. E il 3 dicembre, a 40 anni dalla morte, si è tenuta una manifestazione, in cui è stato invitato a parlare lo scrittore Andrea Jelardi, autore del libro “L’uomo dai 1000 volti” dedicato a Noschese, che custodisce alcuni suoi oggetti al “Modern Museo della Pubblicità” che ha creato a San Marco dei Cavoti (Bn). In una vetrina sono esposti la valigia in pelle nera, camicie con iniziali ricamate, fotografie autografe, un microfono, occhiali, il Rosario, scatole di fiammiferi personalizzate, il vestito della comunione.
Per concludere potevamo parlare del doloroso divorzio, delle difficoltà incontrate alla fine degli anni ’70 (dopo il rapimento Moro era inopportuno ridere sui politici), dei misteri sulla morte, della tomba fino a pochi anni fa in stato di abbandono.
Abbiamo voluto, invece, ricordare con un sorriso un artista irripetibile, geniale e garbato, che di sorrisi ne ha regalati tanti.
Nicola Miletti
Commenti
No Banner to display
“Ponte di via S. Giacomo dei Capri: i soldi ci sono”
Aldo Masullo riceve la cittadinanza onoraria
Napoli Comics chiude i fumetti perdono la casa
Dai principi di Santobono all’Ospedale pediatrico
La moda al Vomero indossa il nastro rosa in favore dell’ Airc.