Storia di Castel Sant’Elmo, copiato in tutto il mondo
Convegno al Cervantes con Hernando Sánchez
Di Castel Sant’Elmo ne esistono a decine in tutto il mondo. Il “nostro” castello, con il più suggestivo belvedere della città, è, infatti, un archetipo militare italo spagnolo, presente, per esempio, in alcuni Paesi del nord Africa, dalla Libia alla Tunisia, ma anche in Spagna, nelle Fiandre, in Portogallo, nelle Indie spagnole, nelle Filippine.
«L’architettura militare cinquecentesca riconosce quasi come una matrice la struttura di San Martino. È un capolavoro di pietra, ma, nello stesso tempo, esprime il linguaggio ufficiale del potere della monarchia di Spagna della casa d’Asburgo al quale si conformano poi le altre costruzioni sparse per il mondo» dice Carlos José Hernando Sánchez, ordinario di Storia moderna presso l’Università di Valladolid, che nei giorni scorsi, in una affollata sala delle conferenze dell’Istituto Cervantes di Napoli, ha tenuto una lezione magistrale sulla storia del castello. Insieme a lui al tavolo dei relatori erano presenti anche Anna Imponente, direttore del Polo Museale della Campania, e Anna Maria Romano, direttore di Castel Sant’Elmo.
La data più importante è, ovviamente, quella del 1535, quando Carlo V, accompagnato da ingegneri e architetti, sale sulla collina di San Martino dove c’erano le rovine di un antico forte angioino e lì decide di costruire una nuova e moderna fortezza che farà da esempio per tutte le altre. I lavori finirono nel 1543, anche se le decorazioni e l’allargamento dei fossati durano almeno altri dieci anni. Fu, quella di Carlo V, una «perfetta operazione di guerra», perché non solo il forte dominerà tutta la città e sarà in grado di colpire ovunque, fra l’altro essendo dotata delle ultime novità dell’artiglieria disposte secondo un perfetto disegno geometrico, ma poi le stesse truppe finiranno per essere acquartierate ai piedi della stessa collina, in quei Quartieri Spagnoli nati proprio per ospitare l’esercito. Alla fine di più di venti anni di lavori, il castello vomerese presenta due livelli di alta ingegneria.
C’è quello interno, scavato nella roccia, in una fusione talmente perfetta di natura e artificio da risultare difficile stabilire dove finisca la roccia e dove inizi la fabbrica. In questo spazio ci sono un labirinto di corridoi che collega cannoniere, arsenali, magazzini e cisterne. Una di queste ultime impressionò i contemporanei per le sue dimensioni, ispirata ai lavori dell’ingegneria romana presenti nei dintorni, come la famosa “Piscina Mirabile” vicino a Baia. In superficie, invece, si eleva una grande terrazza, una piazza d’armi dove si distribuivano le dipendenze del castellano e degli ufficiali, con una piccola chiesa finita nel 1547.
Ugo Cundari
Commenti
No Banner to display
“Ponte di via S. Giacomo dei Capri: i soldi ci sono”
Aldo Masullo riceve la cittadinanza onoraria
Napoli Comics chiude i fumetti perdono la casa
Dai principi di Santobono all’Ospedale pediatrico
La moda al Vomero indossa il nastro rosa in favore dell’ Airc.