La danza di Valeria Apicella, dal Vomero a Parigi
Un sogno iniziato a 11 anni in una scuola vomerese
Siamo nella Parigi degli anni ‘90, culla d’arte e massima rappresentante del ballo, dove gli interpreti della danza ne sono anche gli autori. I coreografi non hanno il compito di dettare i movimenti, ma quello di estrapolare dal danzatore le sue potenzialità ed il suo intimo.
È proprio qui che viene fondata una compagnia di cinque danzatori diretti da Paco Decina, quattro uomini e una donna: quella donna è la giovane ballerina napoletana Valeria Apicella.
Il suo sogno inizia a 11 anni quando frequenta per la prima volta la scuola vomerese di Mara Fusco. Dopo 8 anni di danza classica, consegue il diploma e, a seguito delle prime esperienze estere da professionista a Lubecca, riceve una borsa di studio di danza contemporanea da Gabriella Stazio, presidente della scuola vomerese Movimento Danza. Torna così a ballare per la sua città nello spettacolo “Il fuoco del Vesuvio” con musiche di Roberto de Simone.
In seguito, si trasferisce in Olanda, per otto mesi, dove è l’unica italiana in un corpo di ballo costituito da ballerini di più compagnie nazionali.
Arriva, infine, a Parigi dove incontra per la prima volta Paco Decina che descrive come fondamentale per la sua formazione professionale.
“Sono diventata la sua ballerina, ho realizzato le sue coreografie per tredici anni. Anche lui è di origini napoletane e questa nostra condivisione di nazionalità ha creato una sinergia, empatia e complicità estremamente forti. Con lui ho riscoperto e rielaborato l’insegnamento, classico, neoclassico, contemporaneo, il tutto si è fuso in una ricerca di autore e personale sul mio corpo, sul mio movimento e sulla mia espressione intima.”
Nel frattempo Valeria intraprende progetti paralleli collaborando con Sasha Waltz che la sceglie come protagonista femminile nell’opera Didone ed Enea di Purcell.
Si esibisce nei maggiori teatri europei con una performance sorprendente, che comprendeva un corpo di ballo, solisti, cantanti ed orchestra. L’opera si apriva con un inaspettato tuffo dell’artista in un acquario di 12 metri e, a seguire, una danza nell’acqua: uno spettacolo che richiedeva l’impiego di palcoscenici giganti, una macchina complessa di montatori, decoratori e costumisti.
Questa la sua ultima esperienza da interprete prima del 2007, quando arriva la grande svolta con la fondazione della sua compagnia: 3.14 Valeria Apicella. “La mia scelta di diventare autrice è nata dall’incontro con un critico di cinema, Cheryl Dunye, così è sorto in me il desiderio di esplorare il rapporto con l’immagine. Ho voluto apprendere come il corpo può generare immagine, quasi come fosse uno schermo che estrae memorie dalla mente.”
Da qualche anno ha poi scelto di lasciare il “dispositivo del teatro” per confrontarsi con l’arte in senso lato e riuscire ad esprimere la danza nel vero senso di arte performativa. Crea istallazioni coreografiche dove il corpo si relaziona a un’opera d’arte già preesistente o ad un’esposizione monografica.
“La danza è un linguaggio che mi permette di entrare in relazione con tutte le arti. È tutto ciò che c’è dentro e fuori al corpo, è qualcosa di paradossalmente invisibile, una profonda conoscenza dello spazio, della vita, del corpo umano, dell’animo”.
Dopo 20 anni trascorsi all’estero Valeria torna nella sua città natale per intraprendere nuovi progetti. A Napoli ha la possibilità di incontrare il direttore del Museo di Capodimonte, Sylvain Bellenger, che le propone di interpretare due opere di rilievo: “Apparizioni” interpretata sulla Parade di Picasso e “Il Segreto dell’Ombra” sul quadro di Guido Reni “Ippomene ed Atalanta”.
“Vivo il mio ritorno a Napoli come donna che ha realizzato un enorme sogno, una delle mie più grandi creazioni: mia figlia. Il ritorno a Napoli, d’altra parte, è anche la costruzione di uno spazio, mi sono dedicata ad un cantiere importante”.
A Porta Capuana, in un chiostro del ‘500, ex fabbrica borbonica, Valeria sta, infatti, realizzando il proprio atelier di lavoro. Luogo in cui ci saranno esperimenti, residenze d’artista, scambi e dialoghi, nella speranza di creare un ponte tra l’Europa, in particolare la Francia, e Napoli.
Laura d’Avossa
Commenti
No Banner to display
“Ponte di via S. Giacomo dei Capri: i soldi ci sono”
Aldo Masullo riceve la cittadinanza onoraria
Napoli Comics chiude i fumetti perdono la casa
Dai principi di Santobono all’Ospedale pediatrico
La moda al Vomero indossa il nastro rosa in favore dell’ Airc.