Genio e follia nella scultura di Gemito
A parte l’antico amore dei napoletani (specie quelli umili che si sono ritrovati tra i volumi delle sue sculture), la città ha ricordato Vincenzo Gemito con due iniziative: la denominazione della via, che corre parallela allo stadio Collana e la lapide in via Tasso, sulla facciata dell’edificio che fu la sua ultima casa.Figura tra le più complesse e tragiche del mondo dell’arte, Gemito visse un’esistenza difficile e per le condizioni di salute e per le ristrettezze economiche. Qualche tregua l’ebbe durante il soggiorno romano, grazie all’affettuosa amicizia di Antonio Mancini, con il quale amava cercare per strada i modelli dei suoi lavori. Ma dove va ricercata la grande scultura di Gemito?In un realismo straordinario, nel quale anche un muscolo concorre alla forza dell’immagine. Si aggiunga che curava personalmente l’opera di raspinatura e di cesello dei suoi bronzi e questo ci consente sempre di risalire all’autenticità dei suoi lavori. Pochi studi, una nascita incerta, Gemito fu artista vero, in grado di precorrere i tempi, rispetto alla folta schiera di vedutisti, che ancora difendevano la fedeltà al paesaggio. È nota la sua coraggiosa difesa delle idee di Marinetti, quando al Mercadante di Napoli presentò il suo Manifesto sul Futurismo. Ma forse – sia pure a grandi linee- è il caso di ripercorrere la sua tormentata ed eroica esistenza. Lasciato alla Ruota dell’Annunziata a Napoli nel Luglio del 1852 fu adottato da una popolana che lo amo’ più di un figlio col marito Francesco Iadicicco. ( il Masto Ciccio di tante opere famose).A poco più di dieci anni comincio’ a frequentare lo studio dello scultore Caggiano, poi quello di Stanislao Lista, dove prese familiarità con la cera e con la creta. Lavorò a lungo nello studio sulla collina del Mojarello a Capodimonte, troppo solitario per il suo temperamento. Ha bisogno di sentirsi nel cuore della città dove ci sono il calore e le voci dei passanti. Si sposterà quindi in uno studio vicino al Museo Nazionale. Ed è in questo studio che realizzerà una delle sue più belle opere: il Pescatore in bronzo, di grandezza naturale, dove il colore del metallo domina completamente l’opera. Nell’Aprile 1878 è a Parigi dove ritroverà Mancini e vi rimarrà due anni. Lavora molto ma i soldi non bastano. Piuttosto che vendere a poco prezzo preferisce donare i suoi lavori. All’Esposizione Universale al Trocadero di Parigi raggiunge un grande successo con il Pescatorello. Entra in contatto con il grande pittore Meissonier e si trattiene a Parigi per completare il suo ritratto. Ai primi del 1980 torna a Napoli. Si trasferisce a Capri in uno stato di profonda depressione. Dopo diversi mesi, però, entra nella sua vita Anna Cutolo, la Nannina dei quadri di Morelli, che Gemito sposa e che gli darà la figlia Giuseppina.
Camilla Mazzella
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