Storia e aneddoti su Vico Acitillo
“Le strade del Vomero rendono voto di riconoscenza alle zone in cui sono situate” (R. Ribaud). Molte vie della collina sono intitolate, con giusto orgoglio, a personaggi che hanno caratterizzato la relativa toponomastica dai chiari riferimenti all’arte, al pentagramma, al pennello, alla scultura, alle lettere. Puccini, Donizetti, Michelangelo, Raffaello, Leonardo, Cilea, Scarlatti, Luca Giordano, Cimarosa, Rossini, Porpora, Fuga, Mattia Preti, Aniello Falcone, Vanvitelli, Giotto, Simone Martini, Tino da Camaino, Durante, Bernini, Fanzago, Girolamo Santacroce, Cammarano, Migliaro, Pratella, Pitloo, Annibale Caccavello, Merliani, Ribera, Bernardo Cavallino, Solimene, Massimo Stanzione, Saverio Altamura, Vincenzo Gemito, Tasso, Fracanzano, Ruoppolo e tanti altri illustri, compresi eroi e martiri di guerre come Salvo D’Acquisto. Spesso la toponimia si riferisce anche a luoghi, avvenimenti, collocazioni orografiche ed altro, ma, inspiegabilmente vengono collocate statue e busti in luoghi non confacenti agli stessi personaggi (vedi piazza Mazzini con la statua di Paolo Emilio Imbriani, la statua di Salvator Rosa in piazza Arenella, mentre il busto di Giuseppe Mazzini si trova in piazza Cavour, e così via (?). Diverse segnalazioni sono pervenute, quale altro esempio, in modo specifico, per la via Cifariello – strada della Piccola Pompei – quando sarebbe stato più opportuno, a pieno titolo, dedicare la parte superiore di via Solimene, al grande scultore, luogo dove visse ed operò l’artista. A titolo di esplicazione storiografica e topografica nominiamo Vico Acitillo, in pieno Vomero, dove tutt’oggi è improprio definire detta via “vico” poiché essa è divenuta ampia ed importante arteria vomerese e dove “ad abundantiam”, avrebbe a buon diritto essere nominata via, con adeguato toponimo, mentre potrebbe avere in lascito il termine di vico, il breve tratto che va da via Cilea a via Belvedere, e l’altro opposto, da via Rossini a via case Puntellate che, peraltro, potrebbe assumere il nome della antica e storica Villa Costanza qui situata. In detti tratti, per antica testimonianza, sui superstiti e consunti muri di tufo, si possono ancora notare, con spirito di osservazione, solchi tracciati dai mozzi dei carretti che allora transitavano nello stretto vicolo in compagnia di mandrie e greggi.
Acitillo. “Si vuole che il nome derivi dall’odore acido dell’acqua di bucato riversata al suolo dalle famose lavandaie del Vomero, lungo gran parte del suo percorso … dove sono sorti numerosi e grossi edifici, comportandone l’abnorme allargamento d’un lungo tratto e l’intensificazione del traffico veicolare, quindi, altro che “vico”. (Sergio Zazzera – “Broccolincollina”- Cuzzolin Ed. Quando in epoca passata le lavandaie erano in gran quantità, ed i luoghi numerosi al Vomero, proprio vico Acitillo era maggiormente deputato a tale operosità. Secondo l’etimologia, in zona abitava una ricca famiglia di nome Acito da cui avrebbe assunto il nome l’intera zona. (M. Piscopo – Vomero e dintorni- Guida Edit.). Il luogo, situato in bucolica atmosfera campestre, ha anche ispirato poeti e pittori come Casciaro e Pratella che, insieme a voci e canzoni (villanelle), costituivano inni che alleviavano il gravoso compito delle lavandaie (Jesce sole). Gino Doria affermava che tale nome compariva in una documentazione topografica sin dal 1834, mentre altri fanno risalire il nome al Seicento quando nella zona abbondava l’uso dell’aceto (sic) per la pulizia del bucato. (La Gala – Le strade del Vomero- Guida Edit.). Chi scrive ricorda la sconfinata campagna che si stendeva dalla via Fracanzano, attraverso il vallone S.Antonio (intendiamo senza la bruttura di cemento del rione Omodeo), alla fine di via Cilea, fino a Coroglio ed alla lontana sagoma ischitana. In un breve periodo l’orografia è andata modificandosi notevolmente. Da primitivo vallone selvatico sottoposto di diversi metri a quello attuale, tranne le due già citate estremità, evidentemente perché edificate, si è andata vieppiù riempiendo di detriti e materiali di scarico provenienti da altre zone della città, specie dalla circostante e proditoria edilizia che ha aggredito buona parte del Vomero, annientando e soffocando vegetazione spontanea e curata a dimora, dai contadini che coltivavano alberi da frutta rimasti ormai nei ricordi come le mele cotogne, le susine, i fichi, le sorbe, le ciliegie, le pere “mastantuono” e, appropriatamente gli ortaggi che hanno caratterizzato la collina: i broccoli. Negli anni Venti la zona ospitava un garage della nettezza urbana del Comune ed un distaccamento della Guardia di Finanza che comprendeva i limiti delle mura finanziere, dal prosieguo che partiva da Antignano (qui si paga per li regj censali) quale dazio esattoriale. Qualche ricercatore fa risalire l’impiego delle lavandaie addirittura al secolo XIII, quando queste, sin da allora, mostravano l’abilità di reggere in bilico sulla testa, la “mappata” pesante di panni da lavare o già lavati.(S.Zazzera-C’era una volta il Vomero- Guida Edit.). Inevitabilmente la categoria si è andata estinguendo rapidamente per l’avvento dei moderni mezzi quali le lavatrici. Inoltre, Gino Doria ricorda che probabilmente il nome Acitillo poteva derivare da una delle tante famiglie che gestivano taverne sul luogo, da “aceto”, i quali propinavano vino non proprio eccelso. (Altra ipotesi).
Allo stesso modo, possibile esplicazione , l’ha aggiunta Sergio Zazzera, riferendosi per similitudine al famoso fantino senese del Palio: Aceto, da Acito, nome dato ad un cavallo che pascolava libero scorazzando nella pastorale campagna, per eponimia “equina”. Come la storia ed il tempo insegnano, potrebbero sorgere ulteriori esplicazioni, poiché i maestri possono divenire scolari per nuove ipotesi da probabili scoperte future, da porre nella leggenda delle vicissitudini umane.
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