VEDI NAPOLI E POI…
“Amiamo solo la maglia” è uno slogan caro ai tifosi, soprattutto delle curve, quelli più caldi, che, a prescindere da chi sia il presidente, l’allenatore o i giocatori in campo, sostengono la propria squadra, senza se e senza ma. Una posizione con pro e contro che, però, permette anche di superare duri addi, quelli cosiddetti traumatici per chi nel calcio mette amore e passione. Così è accaduto, in passato, con i saluti, più o meno preventivati, di tanti campioni amati e poi, nelle ipotesi migliori, dimenticati. Altrimenti offesi o denigrati. La carrellata di “core ingrato”, soprannome dispregiativo affibbiato a Josè Altafini che passò dal Napoli alla eterna rivale Juventus, calza a pennello a tanti altri giocatori. Qualcuno giustifica queste decisioni con la continua ricerca di trofei e denaro. Ma gli amanti di un calcio più romantico credono nel legame che si crea tra una tifoseria con un calciatore o un allenatore. Così è difficile ancora digerire l’addio di Higuaìn trasformato da difensore della città a centravanti in juventino. Percorso già intrapreso in passato da Quagliarella, riabilitato dopo la scoperta di una dura vicenda personale, ma pur sempre andato a giocare nella sponda bianconera di Torino. È bello invece ricordare addii ricchi di stima e ricordi, come quelli recenti del portiere De Sanctis, dell’asso argentino Lavezzi o di Jorginho, passato al Chelsea in cambio di un bel gruzzolo di euro. Meno sereni i distacchi con Hamsik, avvenuto troppo in sordina, o con l’eroe scappato a Parigi, Cavani. Ma gli esempi più eclatanti sono arrivati dagli allenatori recenti. Spesso i saluti sono stati imputati ad incomprensioni con la società, in particolare con il presidente, ma si è trattato spesso di una sorta di fuga verso una grande squadra. Dall’anno sabbatico dell’idolo delle folle Mazzarri, che dopo poco allenava l’Inter, al salto di Benitez, in questo caso giustificato dalla chiamata dell’amato Real Madrid. Ma su tutti emerge Maurizio Sarri, il comandante che voleva conquistare il palazzo, che dopo un giro a Londra, nel Chelsea, per guadagnare credibilità internazionale, condita peraltro con il trionfo in Europa League, apre ad un ritorno in Italia, in particolare in quella squadra che tanto aveva attaccato al fianco del popolo che lo sosteneva: la Juventus. Non c’è spazio per la nostalgia nel calcio moderno, e non è una novità, ma al tifoso deluso resta la possibilità di esprimere un giudizio che, fortunatamente, avrà sempre un significato.
G.P.
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