United States of Naples
“Napoli non è una città, è una federazione di repubbliche autonome (e un po’ anarchiche), a volte con i loro muri mentali e culturali.
Se dico ad una persona del Centro che sono vomerese, mi guarda come fossi milanese, magari anche
un po’ juventino.
Se dico a un vomerese che ora abito al Centro, mi immagina in una specie di favela brasiliana circondato da bambini seminudi che urlano in una lingua incomprensibile.
A volte mi sento un migrante nella mia stessa città.
Che non sa a quale Municipalità chiedere
il permesso di soggiorno”.
Di seguito un brano tratto dagli appunti dell’autore.
Ricordi?
−Ricordi, Marco, com’era il Vomero quando eravamo giovani? Quanti ambulanti napoletani, dai quali potevi trovare di tutto? Oggi è pieno di ambulanti di colore!
−Si dice neri. Sono di colore nero.
−Sì, ambulanti neri di colore nero.
−E poi mi risultano esserci più persone dell’est Europa che africani, soprattutto donne, che poi sono più bianche di noi.
−Ah sì, le russe! Vengono qui per sposare i nostri anziani, aspettano che crepano e si beccano la pensione di reversibilità.
−Mi risulta che vengano più dall’Ucraina…
−Già! Le russe dell’Ucraina, quelle sono le peggiori!
−Senti Luca, a me questi sembrano davvero dei luoghi comuni, ed anche un po’ razzisti. E se c’è una cosa che ricordo con piacere del Vomero ai miei tempi è che era un quartiere progressista e molto tollerante.
−Eh ma i vomeresi non ci sono più! Sono andati tutti in provincia, e qui sono arrivati gli arricchiti da Giugliano e dintorni.
−Ah. E dunque? Anche loro neri o in cerca di anziani da spennare?
−Eh, quasi quasi…
−Ma dai! E poi se vivono qui ora sono vomeresi pure loro no?
−No! I vomeresi sono quelli nati al Vomero!
−Ma tu non sei nato a Caserta Luca?
−Che c’entra? Cioè… sì ma…
−Ecco vedi? Ricordi quando da piccolo, a scuola, qualcuno ti chiamava “il casertano” per sfotterti? E che tu ci rimanevi male? Siamo sempre stati un quartiere “multiculturale”. Dove sono nato io, un paio di anni prima era campagna e ci coltivavano i broccoli. Che forse sono tra i pochi vomeresi, del tipo di quelli di cui parli tu, cioè che erano qui praticamente da sempre. La mia nonna materna è arrivata qui dalla Croazia. E i genitori di Clelia, la tua compagna? Non si sono trasferiti qui da Fuorigrotta?
−Beh sì, forse hai ragione.
−Questa storia delle provenienze e delle appartenenze mi ha stufato Luca. Vale in ambo i sensi. Lo sai che quando dico che sono nato al Vomero a persone che vivono nel centro di Napoli mi guardano storto come se gli avessi detto di mettersi il casco quando vanno in motorino? In quei casi mi fanno sentire un nerodicolorenero rubapensioni. E non ti dico quando vado al nord. Là basta che vieni dal sud, Roma compresa, altro che Vomero o Quartieri Spagnoli, per loro sempre di nord Africa si tratta. Siamo napoletani, italiani, e soprattutto cittadini dello stesso mondo. Che semmai si divide in persone oneste e persone disoneste, e quelle esistono trasversalmente dappertutto.
−Hai ragione Marco, scusami. Quindi tu non ti senti più vomerese?
−Sono nato qui, qui ho i miei ricordi, è un quartiere che amo e dove sicuramente si vive meglio che altrove. Ma semmai vorrei che in tutta la città si vivesse bene. Se c’è una cosa che noi “vomeresi” dovremmo fare non è rivendicare la nostra differenza ma impegnarci perché tutta la città divenga un luogo migliore in cui vivere. Non lamentarci che le persone, con la metro, arrivano qui da Scampia, ma indignarci perché a Scampia non c’è niente e non c’è un cazzo da fare. Avere lo sguardo più lungo. Questo è il Vomero in cui sono nato. Questo è il Vomero che ricordo. Questo è il Vomero in cui tornerei a vivere. In quel senso, ma solo in quel senso, allora sì: sono vomerese.
MARCO EHLARDO
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