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Cronaca
Home›Cronaca›Viaggio nelle strutture in rovina. La collina abbandonata

Viaggio nelle strutture in rovina. La collina abbandonata

By Redazione
31 Maggio 2016
11906
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Al Vomero esistono dei posti incontaminati, dei luoghi immutati che non subiscono il passare del tempo. Il quartiere collinare era una vera e propria oasi verde dove l’aria pulita e la folta vegetazione la facevano da padrone. Nel corso del tempo le amministrazioni locali che si sono succedute hanno badato bene a rimarcare l’ondata del capitalismo sfrenato abbattendo e erigendo palazzi come se fosse la cosa più naturale del mondo, non trovando, però, adeguate soluzioni a edifici pericolanti o dismessi. E’ il caso di Torre Caselli (o Villa Bertè) , antica villa nobiliare situata all’inizio dei Colli Aminei, che ha avuto come ultimo inquilino l’artista Antonio Bertè e che ha visto illustri intellettuali napoletani riunirsi per passare piacevoli serate. Costretto ad abbandonarla nel 1980 a seguito del terribile terremoto campano, Antonio Bertè si trasferì in Via G.L. Bernini, utilizzando la villa come suo studio privato: ancora oggi infatti è possibile intravedere l’ultima tela che l’artista doveva utilizzare per una sua opera. Ma Torre Caselli, oggi, sta letteralmente cadendo a pezzi, come l’intero patrimonio artistico contenuto all’interno, a causa delle numerose infiltrazioni d’acqua che vengono giù dal soffitto. Attualmente pare ci vivano dei senzatetto. Diatribe legali impediscono un intervento decisivo di riparazione e ,così, questo posto meraviglioso che in ogni angolo del mondo sarebbe Patrimonio dell’umanità, noi permettiamo che lo si distrugga. E l’auto distruzione è ciò che sta avvenendo parimenti alla Chiesa della Santissima Trinità alla Cesarea . Quando si parla di chiese abbandonate non la si può non prendere ad esempio: eretta nel XVII secolo, è passata dalle mani dei frati della Redenzione di Captivi dell’Ordine di Santa Maria della Mercede a quella dei Trinitari, i quali conferirono l’attuale nome dell’edificio di culto, mentre oggi è di proprietà della curia di Napoli. La chiesa è quasi fatiscente, colpisce per l’incuria e i suoi colori accesi, ma durante il maggio dei monumenti del 2012 è stata resa accessibile al grande pubblico che ha potuto apprezzare le meraviglie poste al suo interno: la grande navata con finestroni e la volta a crociera affrescata. Di un’ importanza storica senza eguali, oggi potrebbe essere uno dei luoghi da visitare più importanti del quartiere, visto che si trova in una traversa di via Salvator Rosa, strada trafficatissima e ricca di particolari. E particolare risulta anche la storia del famoso ponte mai terminato, il ponte di Rione Alto . Costruito per cercare di rendere più fluido il passaggio delle auto nella parte finale di Via San Giacomo dei Capri (la parte più stretta della strada dove insiste il borgo antico) e, al contempo, di creare un collegamento con Via Jannelli e quindi con l’ingresso della tangenziale, la realizzazione del ponte subisce un grave stop qualche anno dopo l’inizio dei lavori. Furono stanziati quasi ottocento milioni delle vecchie lire, ma l’azienda che nel 1985 si aggiudicò l’appalto cessò di esistere qualche anno dopo, causando il blocco delle attività. Oggi è possibile ammirarlo perfettamente sia da via San Giacomo dei Capri che dall’interno di un parco privato di Via Jannelli. E proprio questa imponente strada, che collega il Vomero con il Rione Alto, è la perfetta fotografia della speculazione edilizia. Già, perchè si presume che l’edificio che si trova in prossimità della famosa villa liberty della zona sia stato innalzato negli anni ‘60, incompatibilmente con le norme che vigevano all’epoca e per questo bloccato sul nascere. Stiamo parlando di villa Terrazzano ubicata al numero 172. Solo che è da quasi cinquanta anni che è bloccato. Proseguendo su questa strada è possibile riconoscere una vecchia “stazione finanziera” , la quale doveva fungere da stazione per pagare il dazio alle regie casse borboniche. Poteva divenire un museo, una pinacoteca, o una qualsiasi cosa che dava valore e lustro alla strada; si è preferito donarlo alla noncuranza che da sempre contraddistingue l’italiano medio. Ancora più in alto, nella curva, assistiamo a uno spettacolo simile, solo che si tratta di un casale molto antico , abbandonato alla vegetazione spietata che lo ha reso quasi impossibile da vedere; eppure è lì. Stessa storia anche per quanto riguarda i casali di via Cattaneo , nei pressi di salita Due Porte. Ne sono numerosi, ognuno con una propria storia, ognuno con il proprio bisogno di rinascita. Anche qui negli anni ‘60 e ‘70 non si è resistito a deturpare il paesaggio e il territorio stesso: palazzine costruite di qua e di là, addirittura un palazzo che sembra una torre si affaccia sull’uscita della tangenziale Arenella. Imboccando l’entrata da via Marino e Cotronei la torretta si innalza sulla destra, proprio di fronte il terribile edificio- mostro, di proprietà della famiglia Normale, abbattuto nel 2012. E’ probabile che non avessero le licenze per terminare i lavori e certamente la vicinanza con l’uscita della tangenziale è risultata problematica: oggi è sede impropria di vagabondi e senzatetto. La costruzione dell’uscita della metropolitana di Montedonzelli di via Pietro Castellino ha permesso alla società Metropolitana di Napoli S.p.A. di divenire possidente di buona parte di quel territorio, ed è per questo che il cantiere e i vari materiali edili lasciati lì il giorno dell’inaugurazione risultano essere tuttora presenti. Ma non sarebbe meglio costruirci attrazioni o strutture che servano alla cittadinanza, invece di far arrugginire palazzi e ferraglie a cielo aperto? Il 2007 è passato da un po’, e sarebbe arrivato il momento di restituire quello spazio ai cittadini. Il piano regolatore parla chiaro anche per due degli edifici del CNR , sulla medesima strada; questi facevano parte dei laboratori dell’ azienda farmaceutica Richardson Merrell e ad oggi risultano non funzionanti e sotto gli occhi delle persone che abitano nelle vicinanze. Incredibile. Dal lato opposto troviamo una villa liberty dell’inizio del secolo, rossa sgargiante e dalle forme singolari, posta nella curva di via San Giacomo dei Capri, e che oggi passa inosservata e schernita per vai del suo stile fuori contesto. Questo spazio potrebbe essere gestito sicuramente meglio; l’eclettismo architettonico fa pensare che doveva essere un villino di delizia o di villeggiatura di qualche ricco signore della Napoli antica. Insomma tutto ciò che in realtà oggi non è. Via Bernardo Cavallino è la strada per eccellenza che porta all’ospedale Cardarelli, ma salendo, sulla destra è possibile ammirare la parte esterna dell’ Istituto elementare Sabatino Minucci totalmente abbandonato limitrofa totalmente lasciata a sè stessa. Nel cuore dell’Arenella, all’interno di quella che è villa Sanseverino , assistiamo a un’opera urbanistica che ci lascia perplessi: c’è lo scheletro di un edificio con delle barriere che lo proteggono, da circa un anno. Questo complesso ha subìto diversi mutamenti nel passato, lo si può evincere dalle diverse forme delle finestre, ed è impossibile risalire a quale fosse la sua origine. Di sicuro c’è il fatto che molte volte le amministrazioni hanno pensato bene di metterlo al riparo, ma una soluzione concreta non c’è mai stata. Gli abitanti preferiscono sia abbattuto, altri affermano che fa parte del patrimonio culturale del quartiere. Il piano regolatore inserisce l’Arenella nel settore A, ovvero è una zona storica e questo perchè qui, secoli fa, c’erano grandi casali di campagna, e questo edificio, probabilmente, era proprio uno di questi. Molti dicono che fosse un convento, ma la non vicinanza della chiesa e l’assenza di segni religiosi, fa storcere il naso su questa teoria. E intanto l’edificio resta lì. Come il ponte, la chiesa, il campo, i casali,le ville, il cantiere, i laboratori, la caserma e la strana torre.

FRANCESCO LI VOLTI

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